Un Amore Bello, un Amore Vero.


1962.

- “Perché l’ha fatto?” 

Eh, perché l’ho fatto? Sicuramente prima lo sapevo. Ora non lo so più, non me lo ricordo. Forse era tutta colpa di Nina, di Citto o di Jane! Ma che mi avevano fatto di male? 
Si erano insediati dentro di me come un morbo virulento, facendosi strada da uno squarcio nel torace e intaccando piano piano ogni organo interno fino ad arrivare al cuore. Ognuno di loro se ne è appropriato prendendolo a morsi, cercando di mangiarne il più possibile senza lasciarne agli altri… Che bella storia eh? Truculenta.
E dove sta la mia volontà? Ah, se Maria mi sentisse — non ti ho mica cresciuta così io! A donnetta indifesa, effimero trofeo da vincere in duello… sono altri tempi questi —, sia mai… e infatti non è questa la storia. Sarebbe bello, mi sgraverebbe delle responsabilità che ho verso me stessa. E invece no, la verità è che sono io l’unica condottiera, quella che ha in mano le redini di questi cavalli pazzi che percorrono i sentieri della mia vita. Ma che dico, pazzi loro? La pazza sono io. Per questo mondo di certo. Ma lo siamo in tante. 
No, non sono loro il motivo che sto cercando. In parte potrebbero avere influito, ma è troppo facile alzare il dito e incolparli.
Allora perché l’ho fatto? Come faccio a capirlo? Come faccio a spiegarlo a questo omuncolo che ho davanti?

- “Mi dica… perché voleva morire?

Volevo morire? E chi l’ha detto questo? 
No, non volevo morire. O forse si? — Ci sono veri suicidi e suicidi che non sono altro che un’azione vitale, un gesto per uscire fuori da una morte lenta, da una situazione difficile — perché mi rimbomba in testa questa frase? Dove l’ho letta? Forse mi convince. Io volevo vivere provando a spezzare quel filo invisibile che esiste tra vita e morte. 
Si, deve essere questa la spiegazione. Mi ero solo annoiata di aspettarla… la Morte. Ho giocato con lei. Questo dovrebbe bastarle dottore, no?

- “Non è a me che deve bastare, ma a lei. Le basta? Di cosa era annoiata?

Ero solo annoiata...? Ma perché mi infilo sempre in queste mezze bugie che poi non so portare avanti? 
È più divertente, sì, come scrivere un romanzo. Ma adesso mi tocca continuare… che mi invento?
Vediamo… forse ero annoiata da me stessa. O da quel senso di vuoto che veniva colmato da persone qualunque, ma che poi si riformava nuovamente e ripetutamente. Nessuno scampo. Maria… qui c’è il tuo zampino, posso dirlo? Troppo impegnata per occuparti di me. Così indispensabile per quelli che facevano affidamento su di te. E io? Io come una stupida ad ammirare le tue lotte… O forse dovevo per forza? Tu madre eri già stata. Con me sei arrivata stanca. È stato solo un capriccio, quello di mettermi al mondo. Un vano coronamento di un nuovo amore… serviva? Servivo?
E io, comunque, imperterrita, ti ho ammirata e amata fin da quando sono nata. Visceralmente. Un amore intenso mai appagato. Un amore sensuale e carnale che poi ho trascinato altrove. In ogni cosa, in ogni posto. Ovunque mi si dava modo di poterlo vivere. Sentire. Palpare. 

Assurdo quanto Amore si possa provare nella vita! E assurdo quanto facilmente si passi da un sentimento di amore a uno di odio. Ho amato per istinto, ho amato per passione, per fratellanza, ho amato per dolore, per convenienza, per sopravvivenza. Mi era così facile amare. Mille facce ha avuto il mio amore. Ma latente e silenziosamente cresceva in me anche l’odio. L’odio per qualcosa che non riuscivo a gestire, a possedere del tutto, e l’odio per il continuo senso di vuoto che nessuno riusciva veramente ad appagare. 
“Forse… mi annoiava l’amore.”

- “Ma per lei cos’è l’amore? Ha mai amato per amore?

L’amore? L’ho provato così tante volte che è difficile definirne realmente i connotati. A volte aveva il fiato corto e il battito lungo. Altre, aveva un profumo stimolante di ambizione. Oppure ancora, sapeva di sudato, di violento, di appagamento mentale e fisico. Era carne da addentare. E piuma da proteggere. Che confusione. “Non lo so, dottore. Non lo so.”

- “Eh si impegni un po’ di più, forza! Per chi ha provato amore? E come l’ha capito?

Questo omuncolo vuole andare troppo in profondità. Come faccio a spiegargli che per me l’amore è tanto, tutto? È privazione e poi abbondanza. È forte, così forte da non avere regole, da non avere sesso, da non avere età, volto o etica. Se dovessi parlargli di tutte le volte che ho provato amore non me lo toglierei più dai piedi (è questo che voglio? Togliermelo dai piedi? Mi stuzzica la sua mente in realtà…). Ma com'è possibile che sia stato sempre amore? Che non ci fosse differenza tra un amore e l’altro? Forse ha ragione l’omuncolo… devo impegnarmi di più, devo domandarmi di più. Devo capire…. E allora domandiamocelo. Capiamolo.
Per chi ho provato più amore? Nunzio, Citto, Nina, Jane?
Per Nunzio ho provato un amore intenso. L’ho amato come un padre. Anche se un padre già ce l’avevo. E allora perché ho amato più zio Nunzio di mio padre? Ancora una volta… ci sei di mezzo tu, Maria. Lo sappiamo entrambe. Era un uomo genuino e buono, ma con troppo poco carisma per te. Non volevo tradirti – che sottile ricatto eh? Ho rifiutato mio padre, sangue del mio sangue, per te! Ho preferito la tua approvazione, sempre così assertiva e silenziosa, al rapporto vero e puro che avrei potuto avere con mio padre. Nunzio è stato il perfetto rimpiazzo. Uomo, eroe, solido condottiero, morto troppo presto per permettermi di ucciderlo nei miei ideali di perfezione. E così la perfezione divenne lui, e lui divenne la perfezione. Un amore perfetto. Un amore bello, un amore vero.
Tutti gli uomini dopo di lui… non erano lui. Solo con Citto fu diverso. Arrivò dopo uomini violenti e arroganti. Fu un amore per un uomo che ebbe il coraggio di distanziarsi dai canonici comportamenti virili. Sensibilità, gentilezza, ammirazione, misti a passione e desiderio. Un amore bello, un amore vero.
Poi Nina, mia salvezza in prigione. (Forse dovrei ricordarglielo a questo omuncolo che sono stata in prigione… mi farei più interessante ai suoi occhi…). Quello per lei è stato un amore denso per la condivisione, per l’emozione di un senso di comprensione reciproco, che non avevo mai raggiunto con nessuno fino a quel momento. Un amore che non ha guardato in faccia al sesso biologico. Un amore più forte di paure formate da barriere sociali etico-religiose. Un amore affettuoso e premuroso. Un amore bello, un amore vero. 
E Jane. Il nostro animo si toccò solo attraverso il dolore della perdita della Madre Superiora nel convento dove il destino ci ha fatto incontrare. Il nostro amore è stato un rifugio al senso del nulla che la morte, quando ti cade a fianco, impone su tutte le cose che la vita ti mette davanti. Un amore che parla di morte e di vita. Un amore ristoro per le anime perse nel lungo penare alla ricerca di un senso. Un senso a cosa? Alla fugacità del tempo, all’inutilità di credere ad un Dio salvatore. A questo male di vivere, a questa infame paura di vivere. Un amore fraterno. Un amore sincero. Un amore bello, un amore vero. 

Li ho amati tutti, ugualmente.

- “O forse nessuno, ugualmente?

Quest’omuncolo non me la vuole dare vinta. E va bene… 
E va bene, dottore. Forse me lo sono creato io, l’amore.”
Forse era vero…per ogni forma di violenza e di privazione, cercavo un rifugio e mi aggrappavo ad un amore. 
“L’ho creato nella mia testa, più forte e più bello di quello che era realmente. E che c’è di male, dottore? Avevo bisogno di amore per sopravvivere e non ho guardato in faccia nessuno. Sono sopravvissuta.”

- “A cosa doveva sopravvivere?

Sopravvivere a cosa? A milioni di cose. Alla vita. Alla morte. All’amore stesso…
A quel senso di vuoto, dottore. Me lo sentivo addosso, me lo sentivo ovunque.

- “Allora perché non lo dice?

Ma che vuole sapere ancora? Che devo dirgli…? Che mi invento ora?

  - “… mi dica perché voleva morire…

Non volevo morire. Lo volevo, ma poi non lo volevo più. Mi annoiavo. Troppo amore, troppo poco amore. E quel vuoto. Perenne, incolmabile. Avrei voluto altro… avrei voluto altri… non Nunzio, non Citto, né Nina o Jane… Volevo l’amore, sì. Ma quale amore? Perché non era mai quello? né quello dopo? Perché quel vuoto? Perenne… incolmabile…

Volevo solo il suo amore”. 

- “Il suo di chi?… forza lo dica!

L’amore di mia madre!

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Una controversa convivenza