Racconti senza nome, voci senza limiti.
Storie Anonime
Perché piano piano, mentre il mondo cadeva a pezzi tutto intorno, io mi chiudevo in te. E mi salvavo con te. E mi sembrava di prendere al volo quei pezzi di mondo, e di riuscire a non farli frantumare al suolo. Mi sembrava avessero un senso presente, salvabile. E come un giocoliere, mi divertivo a destreggiarmi.
La prima pistola l’ho vista a 9 anni. A 13 il primo morto. Ma poi c’erano anche cose belle. C’erano il jazz e il blues. Le note sulle voci di Louis Amstrong e Ella Fitzgerald animavano ogni ritrovo, ogni bar, ogni festa.
Bocca “a bacio”, si parte dalla parte superiore, dal centro, e poi si procede con quella inferiore. Non si arriva mai fino all’estremo laterale perché tanto poi si allinea tutto con quel movimento delicato di labbro contro labbro.
Eravamo due che si cercano, ma aspettano. Ché aspettare è per chi si vuole davvero. Ché l’attesa sta dentro al desiderio.
Perché il Mito non è altro che esempio di vita, di comportamento, di situazione. Prototipo di uomini e di comportamenti umani. Io sono Antigone, io sono Filottete. Esseri umani incastrati in qualcosa non voluto da loro, non commesso. Rifiutati da un mondo plasmato per altri e non per loro.
Ma poi la verità, quella che sta al piano di sotto, nello scantinato dove nessuno vuole andare per paura dei ragni, è che lui non si perdonava di essere così.
Lui si girò senza aggiungere altro, si incamminò e mi disse “vieni, accompagnami tu” con quella voce puerile che lo contraddistingueva. Non si voltò nemmeno un secondo per vedere se avevo acconsentito alla richiesta e se mi ero messo in marcia dietro di lui: sapeva che lo avrei fatto.
Sento questo odore ferroso che mi impregna le narici. Non è per niente piacevole, né rassicurante. Chissà quanti prima di me. Chissà quanti come me.
Ah, è così impensabile vivere. Impensabile. Non la puoi pensare la vita. La devi fare e basta. Perché se la pensi è già finita. Se solo inizi a pensarla: tic-tac, tic-tac. È già passata. È già passata via.
Quello stridio di anelli d’acciaio che sbattono per terra non appena muovi un passo mi aveva sempre accompagnato. Ed ora il silenzio pugnalava la codardia dietro la quale inconsapevolmente mi ero nascosta. Dovevo andarmene. Respirare. Solo un attimo. E me ne andai. Respirai. Anche per più di un attimo.